Testimonianze degli sfollati di Oslavia: Jožef Primožič
Già nell’aprile del ’15 si cominciava ad avere la sensazione che qualcosa stava per succedere. Quasi ogni giorno giravano per il paese varie commissioni militari e ispezionavano il terreno. All’inizio di maggio arrivarono le unità del Genio e cominciarono a scavare trincee, postazioni e rifugi. Una di queste trincee arrivò quasi fino alla nostra casa, dove presumo che in seguito abbiano stabilito una postazione avanzata. […] Il 24 maggio […] ci imbattemmo in un’unità militare di tutto rispetto. I soldati in pieno assetto di guerra stavano seduti sul ciglio della strada. […] Quel pomeriggio trascorse tranquillo. Solamente verso sera udimmo il tipico fischio di granata. Ne giunsero due che, provenendo dal Friuli e volando alte sopra di noi, caddero nelle vicinanze di Salcano. Dopo qualche minuto tutto si ripetè, ma in senso contrario. I fischi delle granate quella sera si udirono ancora per alcune volte. Anche la mattina seguente. Sempre due e due.
Verso le ore 14 del giorno seguente sentimmo una fortissima esplosione. Guardai fuori dalla finestra e vidi che la casa dei Koršič stava saltando in aria. La casa dei nostri vicini si trovava a circa cento metri dalla nostra sulla strada per Gorizia. Gli austriaci la fecero saltare poiché impediva di avere una visione completa del futuro campo di battaglia alla loro postazione sulla Quota 188. Eravamo in guerra! Preparammo in fretta l’indispensabile e alle 16 fummo pronti a partire. Con molta cura la mia mamma chiuse a chiave la porta, mise la chiave in tasca e ci incamminammo. La strada verso Gorizia era già chiusa dai reticolati. Non ci restò altro che andare nella direzione opposta. Assieme a noi partirono anche alcune altre famiglie di Oslavia. Andammo verso Podsabotin. […]
Ci avviammo a piedi verso Dobrovo nel Collio. Restammo lì tre giorni. Agli italiani dovevamo sembrare gente molto sospetta, dato che era sempre presente una guardia armata, che non ci lasciò nemmeno un attimo. Venerdì 4 giugno ci mandarono a Dolegna. eravamo sette famiglie di Oslavia. Trovammo alloggio in una stalla. Il vitto ci veniva fornito dai soldati. Rimanemmo lì per tre mesi. Mi ricordo che spesso salivamo in compagnia di altri ragazzi su una collina vicina, da dove si potevano vedere i combattimenti sul Sabotino. Gli italiani facevano ascendere nelle vicinanze delle grosse mongolfiere, sotto le quali era appesa una grande cesta di vimini e dentro un ufficiale che con il cannocchiale osservava il campo di battaglia.