Le memorie di Virginia Marinaz (3-8 agosto 1916)
3 agosto
Sembra che la grande offensiva della quale abbiamo spesso parlato sia iniziata. A Doberdò e sul San Michele tuonava incessantemente, dal nord il vento portava un profondo rumoreggiare di tuono, segno che anche a Plava, Britof e nel circondario si combatte. Qui le granate fischiano attraverso l’aria. Sul monte Calvario il fragore terribile delle mine. Noi siamo già talmente intontiti da tutto questo rumore ce non sappiamo se rimbomba fuori oppure nel nostro cervello.
4 agosto
Da una parte il fragore delle mine, dall’altra l’abbaiare delle artiglierie non ci danno un momento di tregua durante l’intera notte. Già alle 4 del mattino sopra di noi fischiano le granate ed esplodono fragorosamente in città. Oggi la Piazzutta era il nuovo bersaglio dei proiettili nemici. Mentre qui fischia e sibila più giù rimbomba il fuoco che sputano le nostre bocche da fuoco. Un terribile duello d’artiglieria che fa presagire un ancor più tremendo attacco.
Anche tutte le artiglierie che si trovano intorno alla città sparano ininterrottamente le loro pallottole distruttrici nel campo nemico. Andiamo incontro ad una notte senza pace.
5 agosto
Eravamo appena coricati quando ad un tratto un infernale fragore ed un lampo accecante ci ha fatto spaventare. Senza esitare ci siamo alzati e siamo corse alla finestra. Nella notte nera come la pece, dense nubi erano in cielo ed i fulmini s’incrociavano con le vampe delle cannonate che sparavano dal castello, dal Rafut e dalle altre posizioni. Dal monte Santo arrivavano delle dense nuvole che annunciavano il temporale con delle saette che guizzavano nel cielo come tanti serpenti. Due proiettori illuminavano la città. È un fracasso indescrivibile! Coloro che non hanno vissuto un simile duello d’artiglieria non si possono fare un’idea. In un minuto cadono centinaia di colpi ed inoltre i fischi ed i sibili delle granate che volano. Un terribile concerto, dove spari ed esplosioni si uniscono, in complesso non si sa dove si è, si vive storditi.
Questa battaglia d’artiglieria durò dalle 12 fino all’una di notte, poi la violenza cessò, si sentiva solamente il brontolio ed il rumoreggiare che cessò verso la mattina per un paio d’ore, poi riprese nuovamente. Le cannonate continuavano sul monte Calvario, Peuma, Oslavia, San Valentino. Alle 4 del pomeriggio riprese con violenza il bombardamento della città. Sempre più vicine arrivavano le granate, abbiamo dovuto rifugiarci in basso. Scoppi tremendi intorno a noi, schegge, macerie e sassi cadevano sopra la nostra casa. Le granate cadevano sempre più frequenti tanto che non si poteva più contarle. Annientate, scosse, aspettavamo il nostro destino. In certi momenti effettivamente ci si sente delle nullità e la morte è talmente vicina che sembra una cosa naturale. Due granate scoppiarono di fronte a noi in una casa della Cocevia; la nostra abitazione era piena di fumo e la strada avvolta in una colonna di fumo nero. Il violento bombardamento è durato 3 ore, alla fine eravamo completamente esauste. Al calar della notte era di nuovo tranquillo tanto che abbiamo potuto visitare le case colpite.
6 agosto
Probabilmente anche il nemico era esausto perché nella notte ci ha lasciati tranquilli. Alle 6.40 del mattino improvvisamente uno scoppio, era l’inizio del più tremendo bombardamento che abbiamo vissuto dall’inizio della guerra. Il rumore supera ogni descrizione: un fischiare, sibilare, e scoppi nello stesso tempo: non si potevano contare l’esplosioni. Le granate arrivavano due, tre ed anche cinque alla volta e scoppiavano in città. Paurose nuvole di fumo si levavano in diversi posti, molte case erano in fiamme. Nelle strade era un correre ed un chiamarsi, la gente cercava di salvarsi nei portoni. Ore tremende nelle quali la morte aleggia sopra di noi e l’uomo si sente impotente. Nessun posto è sicuro, le granate colpiscono sia le soffitte che le cantine. Oggi sono state colpite anche tutte le chiese, mia sorella tornando dalla chiesa dei Gesuiti tutta spaventata ci raccontò che tre proiettili sono scoppiati in chiesa. Più tardi la mamma ritornando dal Duomo, pallida ed intontita, raccontò che pure lì era arrivata una granata. Nella chiesa dei Cappuccini sono state ferite 7 persone. Sono trascorse una, due, tre ore, ma il fracasso durava ancora violento. Il nostro povero monte Calvario e la Groina erano avvolti in una densa nube di fumo che nascondeva il profilo del monte. Dopo le ore 10 era un po’ più calmo ed abbiamo approfittato di ciò per andare fino all’ospedale femminile. La piazza del Mercato era completamente e desolatamente vuota; in mezzo alla piazza c’erano tre buchi e dappertutto in giro sassi e terra, la stessa cosa anche in piazza del Duomo. La via Dreossi era piena di rami, di terra e di sassi.
Continua sempre a fischiare, scoppi rintronano terribilmente. Ricomincia il bombardamento con violenza, siamo lì come ammutolite, ma dentro di noi è tutto un tremito. A mezzogiorno abbiamo mangiato sotto il bombardamento dei cannoni ed i fischi delle granate, poi ci siamo rifugiati giù. Era sempre peggio, le granate arrivavano sempre più vicine, e scoppiavano nelle case vicine. Ad un tratto, alle 6.30, un potente fragore e noi ci trovammo coperti di macerie e sassi. Era scoppiata nella nostra casa, la veranda è stata distrutta e noi per miracolo ci siamo salvati. Mezzo impazziti siamo corsi svelti in cortile. La situazione peggiorava sempre di più. Di fronte a noi bruciava una casa e minacciava anche la nostra abitazione.
Per ultimo arrivò ancora un allarme!
Cannoni, carri, munizioni, beni, soldati, tutto doveva esser portato via. Per noi questa era una notizia accasciante; così a lungo abbiamo sofferto, così a lungo abbiamo resistito ed ora tutto era inutile, dobbiamo cadere nelle mani del nemico, internati, forse saremo malmenate, c’è da impazzire. Dio ci assista e faccia che le nostre sofferenze non siano inutili!
7 agosto
Che notte terribile ed indimenticabile, certe ore contano come secoli nella vita. Cosa sarà di noi? Cosa ci aspetta? Sfonderanno? La città è un quadro di desolazione, tutto vuoto; qua e là si vedono facce distrutte, gente mezzo vestita in fuga con i loro fagotti sotto il braccio. Trascorriamo il tempo andando in giro e ci sediamo nel sottoportico. Si progettano tutti i piani possibili, presto ci prepariamo per la fuga, poi apprendiamo una buona notizia e ci calmiamo un poco. Piene di paura e di ansia aspettiamo novità, ci rivolgiamo ad ogni soldato per apprendere qualche notizia. Il nemico sembra sia stato fatto indietreggiare dalle posizioni di Peuma e di Oslavia. I nostri si trovano nuovamente sul Sabotino, ma crediamo poco che a noi possa andare bene. Se questa volta possiamo tenere la nostra città allora siamo salvi. Innumerevoli prigionieri marciano attraverso la città vuota, tutti sono allegri e felici di aver salva la vita.
Oh Dio, se almeno queste ore di ansia fossero passate, questa incertezza è peggiore di ogni verità. Le granate volano sempre, mine scoppiano sul monte Calvario. Il fuoco di fucileria continua, ora è forte e poi cessa. Qualche cosa deve essere nell’aria, sentiamo che qualche cosa di terribile ci sta innanzi.
8 agosto
Ad un tratto tutto è calmo, una calma insolita. Gli ufficiali ci assicurano che se possiamo resistere fino a mezzogiorno noi pure siamo salve. Come è ridotta la nostra città! Dappertutto macerie e sassi, nelle strade giacciono cavalli morti e non possono essere rimossi. Si vede appena della gente e quei pochi sembrano degli spettri. Pure noi non possiamo nemmeno stare in piedi tanto ci hanno abbattuto queste ore terribili. Alle 11 abbiamo voluto andare ancora in via Vetturini per interessarci di una famiglia conoscente. Corriamo come ci troviamo vestite di casa mentre dappertutto scoppiano i proiettili. Facciamo una visita affrettata e corriamo a casa. Dietro a noi uno scoppio tremendo e siamo appena arrivate in via Rastello che la piazza Grande è avvolta in dense nuvole di fumo nero. Ci sparano con granate da 28 cm. Dappertutto macerie e nelle strade cadono sassi e macerie. La nostra fine è vicina. In punto alle 12 vengono fatti saltare dei ponti, il nemico è al margine della città. i soldati che tornano dalle posizioni passano tristi e silenziosi, alcuni di questi piangono. I nostri valorosi dalmati piangono per la città che hanno tanto a lungo ed eroicamente difeso. Tutto è stato inutile. Siamo nelle mani del nemico. Ed il bombardamento continua, sopra di noi cadono le granate da 28 cm. Sono le 12. Che cosa si deve fare? In tutti i casi siamo perduti: morti o prigionieri.
(Virginia Marinaz. Diario in 8-9 agosto 1916. La presa di Gorizia. Immagini, documenti, memorie. Mostra allestita nel 70° anniversario. Catalogo a cura di Maria Masau Dan, Annalia Delneri. Gorizia, Museo Provinciale, 1986, p. 60-62)