La condanna a morte di Emilio Cravos: documenti e testimonianze

Il 17 novembre 1915 il goriziano Emilio Cravos, giudicato colpevole di tradimento per aver inneggiato all’Italia la sera del 15 novembre nell’osteria Tausani di piazza Grande, viene fucilato agli austriaci.

Oggi [15 novembre 1915] alle 6.15 pom. il capitano Schefold, del 58 fanteria comparve nella cancelleria del Comando di tappa e dichiarò, a protocollo, avergli due soldati denunciato che nell’osteria Tausani, in piazza Grande, un borghese e un soldato emettevano grida ostili all’Austria e inneggiavano all’Italia.

L’alfiere Podgornik, avuto l’ordine di recarsi all’osteria con quattro uomini, procedette all’arresto del borghese che è certo Emilio Cravos. Non si potè arrestare il soldato.

Si rimette al tribunale di guerra, assieme ai protocolli, assunti con gli accusatori del Cravos.

(dichiarazione a firma Klement, riportata in Egonte Cunte. Emilio Cravos. Gorizia, Circolo Della Stampa, 1930, p. 103)

Eravamo seduti a un tavolo dell’osteria Tausani, in piazza Grande.

A un certo momento entrò nel locale un soldato.

Non aveva baionetta.

Si avvicinò al tavolo, occupato dal commerciante in frutta Emilio Cravos e da altri. Salutò la brigata levando un bicchiere di vino con le parole “Evviva l’Italia!”. Emilio Cravos ripetè “Evviva l’Italia” agitando il cappello.

Noi gli osservammo esser proibito pronunciare frasi simili; ed egli per tutta risposta, ripetè ancora “Evviva l’Italia” e “Abbasso l’Austria” una diecina di volte. Allora uscimmo ed imbattutici in un ufficiale gli narrammo la cosa.

(dichiarazione di Mate Eterovic e Ivan Stipicic, riportata in Egonte Cunte. Emilio Cravos. Gorizia, Circolo Della Stampa, 1930, p. 103-104)

L’i. e r. Tribunale di guerra in campo della 58.a div. Fanteria quale Giudizio statario, posta da campo 320, portato a termine, il 17 novembre 1915, sotto la presidenza del capitano di cavalleria Zdenko co. Kolowrat, sotto la dirigenza del primotenente auditore dott. Guglielmo de Ripka, presente il volontario d’un anno caporale Francesco Ursic come protocollista, il volontario d’un anno sergente Giovanni Forcessin come interprete della lingua italiana, il primotenente auditore dott. Guglielmo Pollauf come accusatore, l’accusato Emilio Cravos da Gorizia, commerciante, il capitano di cavalleria Nicolò Kemèny come difensore, il dibattimento in seguito all’accusa del 16 novembre 1915 N. d’affari K. 652/915, elevata contro il suddetto per il crimine di perturbazione della pubblica tranquillità a sensi del par. 314 a Cod. pen. mil. austr. e in seguito alla proposta di punizione da parte dell’accusatore, ha giudicato.

Emilio Cravos

nato il 24 agosto 1880 a Gorizia, rom. catt., coniugato, senza prole, con un po’ di patrimonio, commerciante a Gorizia, abitante in via Morelli n. 14, ultimamente profugo a Lubiana, Salenburgova ulica n. 16, ha frequentato per quattro anni la scuola elementare, sa leggere e scrivere, figlio di Carlo e Carolina,

è colpevole del crimine di perturbazione della pubblica tranquillità a sensi del par. 341 a Cod. pen. mil. austr. per avere il 15 novembre 1915 nell’osteria Tausani in Gorizia, piazza Grande, emesso ripetutamente in pubblico il grido di: “Evviva l’Italia, abbasso l’Austria!” e il grido di “M… all’Austria!” cercando di eccitare al disprezzo contro il nesso unitario statale della Monarchia austro-ungarica.

Egli viene perciò, a sensi delle disposizioni di diritto statario notificate per la procedura in Campo: Ordinanza del Cons. Supr. d’Armata Com. Supr. di Tappa di data 16 marzo 1915 a. Op. 32183, e a sensi del par. 444, secondo capoverso, cod. proc. pen. mil. condannato alla pena di morte da eseguirsi mediante fucilazione.

Motivi: In base alle deposizioni chiare, concordi ed ineccepibili dei testimoni Mate Eterovic e Ivan Stipicic, il Giudizio statario ha ritenuto per dimostrato che l’accusato ha gridato: “Evviva l’Italia!” , “Abbasso l’Austria!” e ancora: “M… all’Austria!” il 15 novembre 1915 nell’osteria Tausani, a Gorizia, ripetutamente e in presenza di parecchie persone.

Di questa persuasione acquistata dal Giudizio statario nulla poterono mutare le deposizioni dei testi citati dall’accusato a sua discolpa, per il fatto che o questi pretendono di non aver udito niente, e sussiste quindi la possibilità che essi non abbiano prestato attenzione alle suddette espressioni incriminate, o d’altro canto, le loro deposizioni sono talmente confuse e assurde, anzi addirittura incredibili, specie la deposizione del fratello Giovanni Cravos, che, dopo accurato e ponderato esame, debbono venir considerate come inconcludenti di fronte alle citate deposizioni dei due primi testi.

Le espressioni dell’accusato che si ritengono dimostrate, costituiscono lo stato di fatto del crimine di perturbazione della pubblica tranquillità a sensi del par. 341 a) Cod. pen. mil. perché l’accusato cercò con ciò, di eccitare al disprezzo contro il nesso statale della Monarchia austro-ungarica.

Con le sue parole, infatti, l’accusato non solo ha dato espressione pubblicamente alle sue “simpatie per l’Italia”, quindi per uno Stato che si trova presentemente in guerra con l’Austria-Ungheria, ed ha d’altronde leso profondamente il sentimento patriottico dei presenti mediante oltraggi contro la Monarchia, della quale è cittadino, ma nelle parole dell’accusato è anche, senza dubbio compresa l’intenzione di stimolare altri al disprezzo contro il nesso unitario statale della Monarchia austro-ungarica, poiché il Regno d’Italia, che si trova in istato di guerra con la Monarchia, ha evidentemente per scopo la “distruzione del nesso statale unitario della monarchia” e l’accusato, mediante le sue parole, s’è dichiarato solidale con le intenzioni del nemico.

La sentenza riguardante colpa e condanna è quindi giustificata.

Ufficio post. da campo N. 320, il 17 novembre 1915. Firmati: il dirigente del dibattimento dott. Ripka, primotenente uditore; presidente Zdenko Kolowrat, Ursic. Si conferma: Zeidler, comandante competente. La sentenza è stata confermata in data 17 novembre 1915.

(sentenza del Tribunale di guerra, riportata in traduzione italiana in Egonte Cunte. Emilio Cravos. Gorizia, Circolo Della Stampa, 1930, p. 83-87)

Sono le 4 ¼ del pomeriggio: la compagnia di soldati, che si trovano dal Marega, è passata in questo momento con in testa l’ufficiale che stava da noi, Bokros. In mezzo a loro è il Cravos, quello che vende in piazza. Lo menano alla morte. Lo fucileranno sulla Vertoibizza. Dietro di lui vanno quattro soldati con le zappe per scavargli la fossa. È stato arrestato due giorni fa. Non voglio scrivere altro.

(Lucia Bortolotti. Dall’osservatorio di S. Rocco, in Cronache goriziane 1914-1918. A cura di Camillo Medeot. Gorizia, Arti Grafiche Campestrini, 1976, p. 80)

Tribunale della 58.a div. di fanteria K. 562-15-11.

Verbale assunto il 17 novembre 1915 in merito all’esecuzione della pena di morte inflitta ad Emilio Cravos, in base alla valida sentenza, confermata dal competente comandante, del Giudizio statario della 58.a divisione di fanteria in data 17 novembre 1915, per il crimine di perturbazione della pubblica tranquillità, a sensi del par. 341 a) cod. mil. pen.

La pena capitale dell’accusato Emilio Cravos venne eseguita alle 5.15 pomeridiane a Valdirose presso Gorizia, per fucilazione.

La morte subentrò immediatamente.

Firmato Kemeny, capit. di cavalleria, difensore; il medico assistente dott. Romanov; il sacerdote militare assistente Cvitanovic, curato di campo; il protocollista Ursic e il dirigente del dibattimento dott. Ripka.

(verbale dell’esecuzione capitale, riportato in traduzione italiana in Egonte Cunte. Emilio Cravos. Gorizia, Circolo Della Stampa, 1930, p. 87-88)

[Emilio Cravos] venne fucilato dagli austriaci in via Blaserna, attiguo alla Vertojbiza, ed ivi sepolto. Abitava in via Caserma 5. Era venditore di frutta.

(annotazioni di don Carlo Baubela nel III Liber Defunctorum Ecclesiae paroch. St. Rochi in urbe Goritia (1915-1993), in Mauro Ungaro. Dai registri parrocchiali 1915-1919, in “Borc San Roc” n. 27 (2015), p. 22)

Il Giudizio di campo, in qualità di Giudizio statario dell’I. e R. 58a Divisione di Fanteria, ha condannato, con sentenza del 17 Novembre 1915, il negoziante Emilio Cravos, di Gorizia, per il crimine di perturbazione della quiete pubblica, in forza del § 341 del codice penale militare, per avere in più riprese emesso pubblicamente il grido di “Evviva l’Italia, abbasso l’Austria”, alla pena di morte, da eseguirsi mediante fucilazione.

Questa sentenza fu posta, il giorno stesso alle ore 5 pom., in esecuzione.

Municipio di Gorizia

L’i.r. Commissario Governativo Dr. Pfeifer

(Notificazione affissa all’albo del Municipio di Gorizia il 21 novembre 1915)

Leggi il libro di Egone Cunte su Emilio Cravos pubblicato nel 1930.