L’ arresto dei fratelli Madriz

Giuseppe “Pepi” Madriz (1892-1967) ricorda il suo arresto e internamento insieme ai due fratelli Luigi e Angelo in una lettera scritta alla madre e alle sorelle la vigilia di Natale 1918, dopo il ritorno a Gorizia alla fine della guerra.

Cara mamma e sorelle,

vogliate esultare con noi in questo Natale che segna il massimo gaudio dopo tante cose passate. Erano giorni di ombra e di sofferenze quelli del nostro esilio. Quanta vasta sia stata la nostra passione per il forzato distacco non lo si può dire. Dal giorno dell’arresto, dalle prime ore che fecero gridare l’anima nostra, il nostro pensiero era rivolto a voi. Era ben vile il tradimento, allor ch’io partivo col gendarme nella mattina del 10 gennaio 1916 dopo aver salutato la mamma e voi tutte con la certezza di rivedersi la sera; era ben cupo quel senso di mestizia ch’io provai la sera prima quando salutai il padre che con lacrime visibili mi disse di salutare e sostenere incoraggiando i fratelli … erano momenti orrendi quelli che così stranamente chiudevano il destino delle nostre vite. E quanto fu lacerante il mio incontro coi fratelli – là nelle carceri oscure di Volciadraga – maltrattati e insultati dalla viltà dei gaudenti d’allora. Piangevano essi e pure Giovannin [Verbig] piangeva – io feci tutto a rendere meno grave tale sorte. Era ben grave l’accusa che ci si imputava e così passammo all’esilio nel castello di Raschalaa. Quante notti mentre lucevano le stelle e l’aria era ferma e muta – quante notti io passeggiando pei recinti del nostro abituro – io ero con voi e con voi io soffrivo e m’addormentavo fondendo l’ultime esalazioni del mio pensiero al vostro sogno. Era un romanzo la nostra vita fra l’odio di quelle zolle a noi straniere e nemiche. Il nostro tema era resistere a ogni più barbara ingiuria. Essi vollero le nostre vite e noi abbattemmo le loro, vollero la nostra morte ed essi caddero sotto la nostra volontà di vincere. Come il quadro dei giorni, così l’anima nostra subiva mutamenti muovendosi così alla perfezione. Non posso dirvi il romantico e il tragico delle ore passate fra quelle foreste umide, è un vero libro. A quale incredibile prova noi fummo destinati è indicibile. Grave ci era la partenza di Luigi nella mattina dell’11 maggio 1916 allor che venne forzato alle caserme e più grave era per l’Angelo la mia partenza al 16 novembre 1916, ma sempre temprati e fidenti quasi nutriti d’una certezza che tutto verrà sorpassato.

Frattanto si viveva agiati – eravamo bene appostati, io coprivo un posto di stima – m’era affidata la direzione di canalizzazione e acquedotto presso la costruzione dell’accampamento di Oberhollabrunn, come potete apprendere dalle fotografie.

(Giuseppe Madriz. [Lettera alla madre e alle sorelle del 24 dicembre 1918], in Celso Macor. Lettera dalla guerra. La storia dell’internamento in Austria dei tre fratelli Madriz, in “Borc San Roc” n. 3 (1991), p. 100-102. Edizione del documento a cura di Anna Madriz)