I ricordi di Maria Hofer. Da Gorizia a Wagna
La goriziana Maria Hofer (1905-1988) registra le sue memorie degli anni trascorsi nel campo profughi di Wagna, dall’autunno 1915 fino al termine della guerra.
La partenza
La mamma aveva paura che colpiscano qualcuno di noi. Siamo andati via con poche cose.
Per prender il treno si doveva andare a piedi fino a Valvociana. Che fatica camminare, Guido in carrozzella e Poldo in spalla. La strada invasa da soldati a piedi e a cavallo.
Tanta gente che scappava. Mio padre voleva andar a Trieste, ma non lasciavano più partire per quella città.
Tutti profughi a Wagna.
Arrivo a Wagna
Dopo molte ore di treno siamo arrivati a Wagna. Prima di tutto ci hanno fatto fare un bagno e inondato la testa di petrolio. Ci hanno fatto accompagnare in baracca n. 83. La baracca di legno era composta da piano terra e I Piano. Pochi metri di pavimento per otto persone.
Ci hanno dato coperte e paioni [sacchi per pagliericci] da riempire di paglia. In quella baracca erano per di più Istriani, ci hanno accolto con molta cordialità.
C’era la sala con tavole e panche, e il sparghert per riscaldarsi e scaldare le vivande. Ogni baracca aveva un capo, sorvegliava tutto non voleva confusione. Alle 8 del mattino doveva essere tutto a posto. […]
(Maria Hofer. Ricordi di Wagna, in Paolo Malni. Fuggiaschi. Il campo profughi di Wagna 1915-1918. San Canzian d’Isonzo, Edizioni del Consorzio culturale del Monfalconese, 1998, p. 199-202)