Il commissariamento del Comune di Gorizia: i ricordi di Ernesto Dandini

Nel pomeriggio del 22 maggio 1915 venni chiamato di urgenza dal Luogotenente barone Frieskene il quale mi comunicò che in considerazione dell’imminente scoppio della guerra con l’Italia, egli aveva sciolto il Consiglio comunale di Gorizia e mi aveva nominato Commissario di quella città. Il Luogotenente, che appariva piuttosto agitato, mi diede ordine di recarmi immediatamente a Gorizia e di prendere i necessari accordi con il dirigente del Capitanato distrettuale di Gorizia, consigliere di Luogotenenza Antonio Rebek affinché la presa di consegna del Comune potesse effettuarsi entro la mattina del 23 maggio, giorno in cui a mezzo di un suo incaricato speciale mi sarebbero stati consegnati i relativi decreti. Mi diede molte istruzioni di essere energico e di procedere in modo severo e senza riguardi contro gli elementi avversi all’Austria, in particolar modo contro gli irredentisti, parlando di licenziamenti e persino di arresti di persone. Affermò poi di non poter sapere se la città di Gorizia sarebbe stata difesa o abbandonata, rimettendomi al riguardo alle informazioni che avrei potuto ottenere dalle autorità militari sul posto, agli ordini delle quali, in ogni caso, avrei sempre dovuto ottemperare, riferendo loro direttamente. Sempre secondo le sue istruzioni per il caso di abbandono della città io avrei dovuto costituire un comitato di cittadini cui avrei lasciato la cura di consegnare l’amministrazione agli italiani, mentre io sarei rientrato in sede. Se però non avessi fatto in tempo di abbandonar la città egli mi augurava la miglior fortuna, assicurandomi che avrebbe provveduto per la mia famiglia.

[…]

Al mattino del giorno seguente 23 maggio ebbe luogo la presa in consegna del comune in presenza del Podestà Giorgio Bombi e del consigliere Rebek. Subito dopo mi diedi attorno per veder se fosse possibile di ottenere dall’unica autorità militare esistente in quei giorni a Gorizia, cioè il Comando di stazione (Stazionskomando) qualche informazione sulla sorte della città. Come prevedibile non si poté saper nulla ed allora mi decisi per intanto di costituire un comitato cittadino che avrebbe fatto la consegna in caso di abbandono della città. A tale scopo officiai il prof. Simsig senior, che accettò l’incarico di comporlo e mi assicurò, come da mio desiderio, che per i prossimi giorni sarebbe stato pronto ad accorrere su mio invito a qualsivoglia ora per assumere il Comune. In ufficio in un’aria gelida di diffidenza e occhiate oblique, le carte della normale amministrazione ripresero a girare; fuori nessun movimento di truppa, né in città, né nei dintorni, nessun ufficiale né gregario presente nelle vie tra la popolazione. Arrivarono invece i fuggiaschi e sul volto di tutti traspariva la ansia dell’ora storica.

Il 24 maggio giorno della dichiarazione di guerra, vi fu a Gorizia una fuga generale di tutte le autorità, cominciando dai funzionari del Capitanato, tosto seguite da molti privati.

Vi era la convinzione che le truppe italiane sarebbero entrate tra poche ore in città. Ligio alla mia consegna io dovetti rimanere.

Per sei o sette giorni la situazione rimase invariata. Nessuna notizia militare, mentre i fuggiaschi che giungevano sempre più numerosi propalavano le più svariate notizie. Gli italiani erano entrati a Cormons e a Gradisca, avevano occupato Cervignano e pattuglie si erano già viste al di qua del ponte di Turriaco, nelle vicinanze di Monfalcone. In quei giorni mi vidi per la prima volta costretto a provvedere di imperio per l’approvvigionamento della città, ordinando ad un funzionario della Provincia di cedermi per la città un quantitativo di farina sui depositi che la provincia aveva costituito a Gorizia per gli altri comuni. Intanto continuavano ogni giorno le inutili ricerche sulla presenza o meno dei Comandi militari. Finalmente il sesto o settimo giorno dopo il 24 maggio vidi ricomparire nel mio ufficio il dirigente del Capitanato, il quale mi informò che rientrava in sede e che gli era stato comunicato che fra non molto sarebbe arrivato a Gorizia un Comando militare superiore.

Difatti poco dopo ebbi la conferma che al pianoterra dell'”Hotel de la Poste”, sito nella via che dal Corso conduce al Municipio, venivano apprestati dei locali per detto Comando, e portatomi sul luogo conobbi il capo di Stato Maggiore, che mi confermò la notizia dell’arrivo del generale di divisione Zeidler per il giorno seguente; da questi avrei poi ricevuto gli ordini sulla mia permanenza o meno a Gorizia.

Venne il generale, però la consegna di rimanere in città mi fu data appena il giorno 8 giugno senza alcuna maggiore spiegazione.

(Ernesto Dandini. [Testimonianza], in Giuseppe Del Bianco. La guerra e il Friuli. Volume secondo. Sull’Isonzo e in Carnia. Gorizia. Disfattismo. Udine, Istituto delle edizioni accademiche, 1939, p. 31-32; 2. ed. Udine, Del Bianco, 2001, p. 45-47)