I ricordi di Henrik Tuma: tra le macerie di Gorizia
“Arrivai a Gorizia alla fine di ottobre, subito dopo la riuscita offensiva dell’esercito austriaco. La strada che conduceva al mio studio e che passava accanto al palazzo di giustizia era ancora tutta ingombra di filo spinato e solcata di trincee. Quando imboccai Via dei Tre Re, vidi le ultime fiamme che si levavano dall’edificio dove avevo il mio studio. Entrambi i piani erano crollati e lo studio era bruciato completamente. Gli oggetti di metallo, come per esempio le due casseforti, la mia e quella della Delavska hranilnica, giacevano tra le rovine della casa. La casa di Dermota invece, che si trovava nella stessa via e che io amministravo, aveva subito solo pochi danni. La villa che avevo al margine occidentale della città e nella quale avevamo abitato prima della guerra era stata rasa al suolo ed era forse la casa più distrutta di tutta Gorizia. Alcuni vicini, che nel periodo dei più intensi bombardamenti si trovavano a Gorizia, mi raccontarono che la casa era stata colpita prima da una grande granata italiana che aveva sfondato il tetto, poi da una seconda che aveva sventrato il primo piano ed infine da una terza che aveva ridotto la villa un cumulo di macerie. La mia seconda casa, che si trovava in Via Zorutti, era stata distrutta a metà, tant’è vero che mancava dell’intera ala sinistra. Anche la terza casa, che sorgeva in Via Rastello, era stata colpita da una grande granata che l’aveva completamente distrutta, lasciando in piedi solo la facciata: curioso, come nessuna delle case che sorgevano tutt’intorno fosse stata danneggiata. Così il primo giorno della mia visita a Gorizia mi era servito per constatare che la guerra si era presa tutto quello che avevo risparmiato e costruito in trenta lunghi anni. Sarebbe stato necessario rimettersi a lavorare daccapo per la famiglia! Non era il timore di nuove fatiche ad abbattermi; soffrivo perché vedevo distrutti tutti i luoghi dove ero stato felice con la mia famiglia.”
(Henrik Tuma. Dalla mia vita. Ricordi, pensieri e confessioni. Trieste, Devin, 1994, p. 395)