I ricordi di Giorgio Richetti: profughi dopo Caporetto
“Caporetto voleva dire che gli allarmi aerei, in precedenza molto saltuari, erano diventati frequentissimi. E che al mercato e nei negozi la merce scarseggiava e costava sempre di più. Stava a indicare profughi, e anche carabinieri che cercavano alcuni soldati, sparuti e male in arnese, che non si chiamavano più fanti ma sbandati. […] E infine voleva dire che di papà, del quale prima si diceva “speriamo presto”, ora invece si diceva sospirando “chissà quando”.”
(Giorgio Richetti. Tornare a casa. Il percorso di un uomo attraverso i suoi racconti. Arcidosso (Gr), Effigi, 2015, p. 26)