I racconti dei combattenti di Oslavia di Luigi Visintin

Ricordo ancora le scene e le lacrime di Maria [Carlovini, profuga da Canale d’Isonzo] e delle sue amiche al racconto che fece, in un pomeriggio dell’estate 1915, il caporale Bellotti di Ragusa (Dubrovnik) del 37° reggimento Ldw Gravosa, appena sceso da Oslavia dove poche ore prima era stato un assalto alla quota 172 di Oslavia da parte degli italiani e sul terreno in declivio erano rimasti 500 soldati fra morti e feriti. Uno di questi, ferito gravemente, era arrivato cadendo fino alla loro trincea e pregava gemendo che lo tirassero dentro, ma non poterono farlo finché era giorno, perché avrebbero dall’altra parte sparato e gli dissero di aspettare che facesse buio. Lui però continuava a genere e a pregare. Allora un soldato austroungarico, mosso a pietà, si alzò per tirarlo dentro nella trincea, ma in quell’attimo stesso una sventagliata di una mitragliatrice italiana raggiunse il ferito e le pallottole lo trapassarono dai talloni alla testa. Questo raccontava il combattente di Oslavia, di uno dei punti più combattuti e sanguinosi di tutto il fronte dell’Isonzo, alle ragazze del Corno in presenza di noi ragazzini che non comprendevamo neanche ancora i pericoli mortali ai quali eravamo esposti ogni momento del giorno e della notte. Anche quelle ragazze erano esposte alle nuove esperienze e ai fatti traumatizzanti dei primi mesi di guerra, e ricordo ancor oggi le loro angosciose esclamazioni ed il loro pianto. Il peggio doveva ancora venire.

(Luigi Visintin. Storie di uomini e donne coraggiose, in “Voce isontina” del 21 novembre 1981, p. 11)