Gorizia giorno per giorno – 22 novembre 1915
Gorizia
Durante la giornata un centinaio di bombe italiane si abbattono sulla città.
Una granata da 280 millimetri colpisce il manicomio di Gorizia e il crollo della parte anteriore dell’edificio fa strage della famiglia del cocchiere Zorzin: muoiono tre figli e la moglie resta seriamente ferita. Il fatto crea molto scalpore tra i pochi rimasti ancora a in città dove Zorzin era molto conosciuto e amato. La figlia di nove anni viene estratta ancora viva dalle macerie ma muore poco dopo. I due figli più piccoli (di 4 e 3 anni)rimangono uccisi e schiacciati sul colpo, mentre il ragazzo più grande viene scaraventato dall’esplosione fuori della finestra e se la cava con poche ferite. Tra i ricoverati non ci sono feriti se non lievi, ma l’intera struttura è ormai pericolante e gli oltre seicento pazienti in cura devono essere spostati altrove. A dirigere le operazioni di sgombero è il direttore dell’ospedale dottor Fratnich, che fin dallo scoppio della guerra aveva fatto quanto possibile per tenere la struttura sanitaria al riparo dai combattimenti dotandola di bandiere e altri segni distintivi della Croce Rossa, che evidentemente non sono sufficienti a risparmiare all’ospedale la violenta furia dei bombardamenti. La bella struttura in stile liberty costruita pochi anni prima, immersa nel verde della periferica via San Pietro, verrà resa presto completamente inagibile.
La chiesa del duomo, già gravemente colpita due volte dai bombardamenti, viene abbandonata. Il Santissimo è portato nelle cantine del vicino monastero delle Orsoline, dove vengono celebrate le messe.
Una granata scoppia in Piazza Rotta, dove operai militarizzati provenienti da diverse zone dell’Impero lavorano alla costruzione di reticolati di legno e filo spinato che poi portano alla sera sul fronte del Collio. È una strage: muoiono un numero imprecisato di lavoranti (le fonti variano da 17 a 40) e 72 restano feriti.
Anche il Capitanato distrettuale è colpito da una granata che ne danneggia gravemente un’ala.
Lucia Bortolotti abbandona la casa con la famiglia e con alcune donne di San Rocco e dopo cinque ore di cammino raggiunge il vicino paese di Dornberg.
La famiglia di Clemente Furlani lascia Gorizia per rifugiarsi a Trieste. Il gruppo viene però obbligato a proseguire per Leibniz e quindi inviato a Wagna, ma i Furlani riescono ad ottenere il permesso di stabilirsi a proprie spese a Strass.
I morti civili della giornata sono Eugenio Butcovig di 41 anni, Giovanni Kos di 42 anni, Nicolò Hassek di 7 anni, e i bambini Maria, Luigi e Pietro Zorzin.
Castagnavizza
Ferdinand Pamberger realizza un acquerello dell’interno della chiesa di Castagnavizza.