Giuseppe Cisilin: prigioniero dei russi, in partenza per l’Italia

“A Pocinki io me la passavo abbastanza bene. Ogni giorno ci dicevano che i prigionieri italiani verrebbero trasportati in Italia come prigionieri. Dapprima io non ne volevo sapere, poi ci ho pensato su nel mio cuore e ho detto fra me: non ho mai fatto male, non ho mai parlato male del mio Impero e perciò non avrò paura a presentarmi al mio Impero e poi qui in Russia temo di non resistere ai grandi freddi, con questo mangiare tanto di non morire.

Abbiamo domandato di andare a lavorare per guadagnarci qualche soldo e tirare avanti meglio. Finora ho avuto sempre il necessario per sostenermi e qualche copeco. Ma adesso si aspetta l’inverno e biancheria più di tanto non si ha per i rigori dell’inverno. Purtroppo niente lavoro e nessuna maniera di far qualche soldo. Si deve mangiare quello che si riceve che è tanto scarso che non si ha un’idea.

E allora ho pensato di non far male a nessuno, e neppure al mio amato Impero austriaco, se accetterò di andare in Italia, fuori di questi “guardabasso” che tutti ci guardano di malocchio, come se non fossimo anche noi austriaci, benché italiani. Qui siamo in 100 camerati che rappresentano sei nazioni, e la nostra è la settima, ma non c’è una che ami gli italiani. Tutti ci trattano come fossimo delle bestie, come se non fossimo anche noi patrioti austriaci, come gli sloveni, i croati, i boemi, i bosniaci, i polacchi. Non capisco perché ci odiano gli stessi nostri fratelli.

Allora ho pensato che non faccio male a nessuno se accetto di essere trasportato in Italia, intendo sempre come prigioniero di guerra, per allontanarmi dai miei stessi fratelli austriaci che mi trattano tanto male senza alcuna ragione, perché io non mi sono comportato male né verso di loro né verso il mio caro Impero austriaco.

Quando non faccio del male paura non ne ho. Fanno male invece i nostri camerati che dicono che ci taglieranno la testa se torneremo in Austria, perché secondo loro noi andiamo in Italia per lottare contro il nostro amato Impero, mentre io ho detto che non avrò mai un cuore così sfacciato e che mi lascerei piuttosto fucilare dagli italiani che andare contro i miei fratelli. Benché di bassa condizione, so ben io qual è il mio dovere di patriota, di portare in palma di mano il mio Governo e il mio Impero, come l’ho dimostrato combattendo da vero austriaco.”

(Giuseppe Cisilin. Dall’antico e “amato impero” alla nuova patria, in Friulani in Russia e in Siberia 1914-1919. A cura di Camillo Medeot. Gorizia, Benno Pelican editore, 1978, p. 93-115)