D’inverno in trincea. I soldati italiani nelle cantine di Gorizia
“Come si sistemavano i soldati del III battaglione del 159°ç giungendo a Gorizia in terza linea, per il primo turno?
Presto detto: nelle cantine della stazione di Gorizia-Montesanto, di qualche villetta e degli isolati vari adiacenti alla strada Gorizia città – cimitero di Gorizia, prima del passaggio a livello, ed, infine, in una casa di via Corno che portava allora il N. 9. Sistemazione in senso assoluto non comoda, perchè obbligava la gente a stare rinchiusa, gran parte del giorno, in ambienti sotterranei senza aria, e senza luce, per impedire che un movimento di una certa entità fosse notato e colpito dal vigile nemico, in osservazione sulla chiostra delle alture attornianti la città. Restava, pur tuttavia, innegabile il vantaggio – rispetto alle situazioni di m. Kuk e di Zagora – della possibilità di muoversi isolatamente, vuoi per servizio, vuoi per qualche scappata in città a diporto, quasi in libera uscita, Non trascurabile cosa, questa, per i benefici effetti, che esercitava sull’animo degli ufficiali e dei soldati, i quali da queste rapide corse attraverso le vie d’una città situata proprio in prima linea traevano incentivo a rappresentarsi la guerra in maniera nuova, a considerarla al di fuori delle vicende del proprio reparto e al di sopra delle sofferenze individuali, acquistando così una consapevolezza più umana della guerra tutta.
Gorizia, infatti, era la città che dal settembre 1916 in poi ci si presentava ben differente dalle altre città ed abitati delle retrovie di guerra. Gorizia offriva se stessa agli occhi ed al pensiero come una vittima della guerra, la città olocausta, la città sconvolta dalle granate, che soffriva anch’essa la guerra con tutti i rischi di un fante. Invero, sia stando nelle cantine, sia girellando brev’ora per le vie deserte, ogni tanto sibilavano rabbiosi per aria gli srapnel o scoppiavano qua e là le granate d’ogni calibro, secondo programmi e compiti di tiro che ai combattenti sfuggivano e non interessavano, ma che raggiungevano lo scopo di non allontanare dagli occhi e dal pensiero l’idea della guerra.”
(Ildebrando Fiocca. D’inverno in trincea. Roma, Comando del Corpo di Stato Maggiore – Ufficio Storico, 1933, p. 71-72)