Alojzij Res: la notte di San Giovanni

Lo scrittore goriziano Alojzij (Gigi) Res (1893-1936), slavista, italianista, traduttore e mediatore tra cultura italiana e cultura slovena, è autore di un diario dei primi mesi di guerra: Ob Soči. Vtisi in občutja iz mojega dnevnika [Lungo l’Isonzo. Impressioni e sensazioni dal mio diario] (Trieste, J. Stoka, 1916). Questa la sua testimonianza datata 25 giugno 1915:

E cadono granate e shrapnel su tutti i colli intorno ai ponti di Gorizia. Fiammate gialle si sprigionano dalla massa fumogena che grava sui nostri vigneti. Cadono sulle campagne con un tuonare spaventoso e distruggono, demoliscono, svelgono. Enormi nubi nere si levano dai dorsi, dalle cime e dalle valli come da innumerevoli macerie fumanti. Crollano le nostre case, le nostre dimore si sbriciolano sotto gli scrosci di una pioggia fatta di enormi schegge ferree.

E, quasi a scherno, la natura ha disposto in questa cornice tutto il paradiso della piana goriziana: nello stretto abbraccio verde opalino dell’Isonzo si estendevano, spogli nel sole vespertino, i campi, quei campi rigogliosi, incontaminati, rinchiusi da un’aurea rete di raggi perlacei. Quest’incanto spezzava il cuore più ancora dei colpi delle granate italiane.

L’enorme sfera del sole stava sospesa sopra il Collio. I suoi raggi d’oro si riversarono stupendi, come un grande velo sfavillante, su tutta l’area collinare. Sotto, strisciavano strati d’un fumo sudicio e bigio, finché al calar delle ombre scure tutta quella luce calda e viva venne assorbita. Il sole declinava pian piano per poi tramontare in un bagliore rosseggiante, intriso del sangue degli eroi caduti sui nostri clivi.

Il cielo vespertino, di un color verde chiaro, si chinò coprendo teneramente, amorevolmente con il manto nero della notte, lo sconvolto campo di battaglia, come una madre si china sul suo bimbo malato. Fu allora che sul Collio si accesero i falò: era la notte di San Giovanni, pregna di segreti e di misteri. Ma le labbra non bisbigliavano parole inespresse né gli occhi sorridevano nel presentimento di una gioia silenziosa, lontana. Mille cuori lanciarono un grido di terrore indescrivibile, mille occhi s’infiammarono di un dolore inesprimibile: le nostre case stanno bruciando! Le fiamme guizzavano alte nel cielo ed un bagliore improvviso diffuse tutt’intorno una luce vermiglia.

In quel momento avvampò pure il cuore dei nostri cuori: il Monte santo. Il fuoco eruppe dall’edificio monastico nella notte buia, nubi di fumo fiammeggiante si stesero sulla basilica e l’avvolsero con una ghirlanda smisurata, spaventosa. […]

Il cuore del Litorale, il cuore dei nostri cuori, andava bruciando pian piano, per tutta la notte di San Giovanni, finché i giovani raggi di un sole ancora rugiadoso non baciarono i muri anneriti del convento e della chiesa distrutta.

(Aloizij Res. La notte di San Giovanni del 1915, in Gorizia nella letteratura slovena. Poesie e prose scelte. A cura di Lojzka Bratuž. Gorizia, Goriška Mohorjeva družba, 1997, p. 114-115. Trad. Ezio Martin)