Dal Collio al Piemonte: i ricordi di Jožef Primožič
A fine agosto abbiamo ricevuto l’ordine di sgomberare e di partire per altre destinazioni. Ci hanno portato con i carri militari a Manzano, dove siamo rimasti una settimana. Il vitto ci veniva offerto dai militari, ma l’acqua dovevamo procurarcela da soli. Mi ricordo che nelle vicinanze c’era un pozzo, ma gli abitanti del luogo si dimostrarono molto ostili nei nostri confronti e ci portarono via la fune ed il secchio, insultandoci. Abbiamo dovuto pertanto arrangiarci usando del filo di ferro e delle scatole di latta.
Passata la settimana ci misero sul treno e dopo un lungo viaggio arrivammo ad Ivrea, in Piemonte. Giungemmo di sera e le autorità locali ci alloggiarono in una scuola. La mattina seguente divennimo parte di una scena alquanto insolita. Davanti alla scuola si radunarono molti abitanti della cittadina, curiosi di vedere noi, strana gente arrivata nottetempo da lontano e proveniente da un Paese nemico. Solamente più tardi capimmo il perché di tanto interessamento. Sui muri della cittadina erano infatti apparsi dei manifesti che rappresentavano gli odiati austriaci con le corna e con le zampe di maiale.
Siamo rimasti in questa scuola per breve tempo, dopodiché ci hanno fatto alloggiare in casolari poco fuori della cittadina. Eravamo circa ottanta profughi e formammo una vera e propria comunità del Collio goriziano. Nei primi tempi il cibo ci veniva fornito dalle autorità competenti. Non era male, ma esageravano un po’ con il riso. Più tardi hanno cominciato a darci il sussidio in denaro, con il quale i vari generi alimentari venivano comperati ed il cibo veniva preparato da noi stessi. Pian piano ci siamo organizzati e, se qualcuno lo desiderava, poteva trovare qualche occupazione fissa o provvisoria e guadagnare in tal modo qualche lira.
Ad Ivrea si trovò con noi anche il signor Marinič di Podsabotin, che prima della guerra era stato deputato della Contea di Gorizia. Alle autorità doveva sembrare sospetto, cosicché fu internato assieme alla famiglia in Sicilia. I Marinič tornarono ad Ivrea appena verso la fine della guerra.
Ad Ivrea non frequentavo la scuola: il maestro-cappellano non ci volle poiché non sapevamo l’italiano.
La testimonianza di Jožef Primožič (classe 1904) di Oslavia è tratta da: Vili Prinčič. Testimonianze di profughi goriziani, in “Il Territorio”, 1998, n. 10, p. 70-73.