L’internamento di Eugenio Cociancig
Indimenticabile giorno! Un gruppo non indifferente di italiani di questa nostra Gorizia lo vide spuntare vigilato dalle occhiute sentinelle austriache nelle aule della scuola di via Codelli, fino a pochi giorni prima fucina di corruzione nazionale e per l’occasione trasformata in prigione provvisoria per italiani rei di non essere nazionalmente farabutti.
Alle 20.30 i prigionieri ivi rinchiusi ebbero l’ordine di partire in tutta fretta, a prendere il treno dell’esilio forzato alla stazione della Ferrovia Transalpina. Erano 54 uomini, donne e bambini: 51 regnicoli e tre irredenti di Gorizia; incolonnati per quattro, scortati da 24 armatissimi croati al comando di un sergente allievo ufficiale.
Dei tre irredenti goriziani uno, Eugenio Cociancig bsi trovava nel mezzo del drappello, il dott. Giuseppe Bramo, protofisico della città, e il sig. Luigi Resen, commissario d’annona, in coda. Dall’angolo di Via tre Re a Via Santa Chiara, lungo i due corsi, Vittorio Emanuele e Giuseppe Verdi, il drappello degli esiliati dovette procedere sulla sinistra di una fila interminabile di soldati austriaci, che si portavano in linea. All’angolo di Via Santa chiara, un capitano, comandante un riparto di mitraglieri, fece fermare la sua colonna per dar posto al drappello degli esiliati.
Questi passarono in mezzo alla soldataglia austriaca impassibile, ma quando giunsero all’angolo di piazza della Pescheria, furono accolti da un nutrito coro di insulti: “Evviva l’Austria! Abbasso l’Italia! Alla forca i traditori! Copèli! Impicheli!”
I soldati impassibili erano croati – gli insultatori erano goriziani austriacanti.
Fra questi scalmanati il cittadino Eugenio Cociancig riconobbe l’oste di piazza della Pescheria, Alessandro Cociancig. Ne fu così stupito, da chiedere, appena giunto alla stazione, agli altri due concittadini dottor Giuseppe Bramo e Luigi Resen, se avevano riconosciuto qualche goriziano fra gli insultatori di poi anzi. E da uno dei due signori gli fu risposto: Ne riconobbi uno: Alessandro Cociancig”.
I miei concittadini goriziani troveranno forse non privo d’interesse questo episodietto del XXIV Maggio 1915. E anche il signor Alessandro Cociancig tuttora
oste in piazza della Pescheria, troverà che il racconto è esattissimo.
E per ora, caro Sandro, Evviva l’Italia! e neanche “Abbasso l’Austria!” – perché non c’è più. L’hanno ammazzata i fanti di quell’Italia ch’era così facile e comodo – e utile anche – insultare la sera del XXIV Maggio a Gorizia.
(Eugenio Cociancig. XXIV Maggio 1915, in “La Voce dell’Isonzo” del 5 febbraio 1919)