I ricordi di Henrik Tuma: i primi giorni di Gorizia in prima linea
Ancor oggi mi stupisco a pensare come avessi potuto lasciare la famiglia sola, quasi senza darmene pensiero, a così breve distanza dalla linea di fuoco che talvolta si sentivano cadere le pallottole di fucile sul tetto o nel giardino. Spesso i bambini, non appena la fucileria cessava, correvano in giardino a raccogliere i proiettili. A rafforzare la mia idea che non ci fosse alcun pericolo contribuì il comandante di una postazione di artiglieria austriaca, un tedesco molto gentile, il quale mi disse che i cannoni moderni avevano una tale precisione di tiro che non sbagliavano mai il bersaglio più di 20 metri. Si dichiarò anche sicuro che gli italiani non avrebbero indirizzato il tiro sulla città, ma si sarebbero limitati a bombardare la linea del fronte. Solo di notte ci tenevamo sempre pronti a fuggire. Non dormivamo nei letti, ma sui materassi che avevamo sistemato nella parte della casa opposta rispetto al fronte. Accanto al cuscino ciascuno di noi aveva il proprio sacco da montagna, sempre preparato con le cose più necessarie, in modo da poterlo prendere con sé se avessimo dovuto lasciare in fretta la casa. Dopo una settimana o poco più, però, abbandonammo anche questa precauzione e la nostra vita riprese a scorrere quasi con lo stesso ritmo di sempre. Non ci disturbava molto che gli italiani a cinque giorni dall’inizio della guerra avessero cominciato a bombardare il Sabotin [Sabotino]. Col cannocchiale osservavamo gli effetti dei cannoneggiamenti. Quando il tempo era bello, era non solo interessante ma anche esteticamente bello vedere gli shrapnel esplodere in un lampo di luce e poi il fumo prodotto dallo scoppio dileguarsi piano piano. Il cannocchiale permetteva anche di vedere perfettamente dall’abbaino del tetto tutto il movimento che c’era nelle trincee. La seconda settimana apparvero ronzando nel cielo gli aerei italiani, a due o tre alla volta. Anche questo era uno spettacolo molto bello da vedere quando il tempo era buono.
All’inizio della guerra l’amministrazione austriaca avvertì la cittadinanza di Gorizia che poteva trasferirsi all’interno dello stato e mise a disposizione gratuitamente i carri necessari. Gli irredentisti italiani se n’erano andati ancor prima che l’Italia dichiarasse la guerra, sparendo uno dopo l’altro, con le proprie famiglie, in territorio italiano. Delle famiglie slovene, quelle degli impiegati si trasferirono in gran parte in altre regioni austriache, mentre la gente semplice, sia slovena che friulana, rimase in città. Gorizia prima della guerra contava circa 30.000 abitanti, compresi i militari; ma anche nel periodo dei più furiosi bombardamenti continuarono a viverci più o meno 6.000 persone, nascoste nelle case o nelle cantine. Anche il municipio continuò a funzionare per tutto questo tempo negli scantinati del palazzo comunale.
(Henrik Tuma. Dalla mia vita. Ricordi, pensieri e confessioni. Trieste, Devin, 1994, p. 365-366)