La partenza di Carlo Hugues da Gorizia e la sorte del suo archivio

I miei genitori nella fiducia condivisa, oso dire, da tutti i cittadini italiani di Gorizia, che l’Esercito Liberatore sarebbe entrato in Gorizia in pochi giorni, forse in poche ore, decisero di restare a Gorizia. Il giorno successivo alla mia partenza, mio padre, incontrato per caso lo avvocato Marani, seppe da lui che entrambi essi erano inscritti in una ‘listanera’ approntata dalla polizia: egli, avvocato Marani, partiva perciò subito per una cittadina austriaca non lontana di Linz, dove risiedeva un suo vecchio affezionato amico e compagno di studi, che era un notissimo e reputatissimo professore universitario di scienze politiche. L’amico lo avrebbe coperto con la grande autorità che egli aveva nei circoli governativi austriaci. Raccomandò a mio padre di abbandonare tosto Gorizia di sua iniziativa, prima cioè di venire forzatamente condotto in qualche campo di internamento.

Avvertito in questo modo da persona amica, mio padre mutò proposito. Con l’ultimo treno in partenza da Gorizia messo a disposizione della popolazione civile, si trasferì con la consorte, provvisoriamente, a Lubiana, e di qui essi proseguirono, dopo qualche giorno, per lo storico castello di Hölzenegg […] invitato e ospitato cordialmente dalla signora castellana Emilia vedova de Golob […]

Al momento della partenza di mio padre da Gorizia, tenevamo in casa un cospicuo archivio familiare, comprendente documenti e carte dei nostri antenati e congiunti, anche del ramo primario francese della nostra famiglia. Vi era anche una copiosa corrispondenza, specie di mio padre, con insigni personaggi italiani sia nel campo delle scienze sia in quello della vita politica. Mio padre, per una misura di prudenza, specie per riguardo alla mia persona passibile di severe procedure belliche, avrebbe dovuto distruggerli. Li nascose invece in varii ripostigli esistenti nel nostro appartamento. […] Come ci fu narrato più tardi, anche da persone che appena nel 1916 dovettero, costrette, abbandonare Gorizia, la polizia austriaca, che già teneva d’occhio mio padre, nato cittadino del regno di Sardegna a Casalmonferrato e residente per molti anni, sempre ancora quale cittadino del nuovo regno d’Italia, in terre irredente, essa polizia austriaca, avendo verificato la partenza dei miei genitori da Gorizia, penetrò nella nostra abitazione e vi operò una minuziosa perquisizione. Potemmo anche sapere che il commissario di polizia che la dirigeva aveva sequestrato ed asportato delle carte.

Quando a guerra finita mio padre con la moglie fece ritorno a Gorizia, parecchie di quelle carte e molti documenti erano spariti, né più si rinveniva molta importante corrispondenza.

(Guido Hugues. La polizia di Stato austriaca in Gorizia nella primavera del 1915, in “Studi goriziani”, vol. 32 (1962), p. 76-77)

Nella parte conclusiva del saggio citato, l’autore racconta il recupero di due documenti settecenteschi dell’archivio di famiglia, evidentemente consegnati all’ufficio di censura militare cui era addetto il conte Giorgio de Claricini, conservati da quest’ultimo e poi riconsegnati tramite il suo esecutore testamentario alla famiglia Hugues.