Il diario di Jozefa Jarc: l’inizio della guerra

“Chi è vivo sicuramente non ha dimenticato quella domenica del mese di luglio quando il parroco dal pulpito durante la messa annunciò a tutti coloro che erano stati accettati come soldati cioè tutti gli uomini fino ai 42 anni, che dovevano presentarsi entro 24 ore presso il proprio reggimento, poiché l’Austria aveva dichiarato guerra alla Serbia. La parola guerra e tutti gli orrori che dovemmo subire in quegli anni, ci trafissero come una spada nel nostro cuore. I giovani dovettero abbandonare i propri compagni, i padri le mogli e i figli. Ognuno pensò: “Dio sa se ci rivedremo un giorno”. E così accadde. Sì, proprio coloro che se ne andarono da Doberdob [Doberdò] il primo giorno di guerra, non ritornarono mai più. Iniziò una processione di sangue che durò quattro anni. Con grande paura aspettavamo i richiami militari. Poi vennero gli elenchi dei morti e dei feriti e c’era tanto pianto e dolore. In autunno richiamarono tutti i maschi fino ai 52 anni per scavare le trincee, all’orbajt kompanjia [compagnie di lavoro] dicevano. Tra i maschi rimasero a casa soltanto gli anziani. Aspettammo l’inverno con la speranza che ci sarebbe stata finalmente la fine.”